L’arte trasmette emozioni programmate?

Quando guardiamo un’opera e proviamo delle emozioni, quelle emozioni sono le stesse provate dall’artista? Sono quelle che l’artista volesse che provassimo? O sono forse quelle che lui provava ma che non voleva rientrassero nel suo lavoro? Questo articolo ipotizza che le emozioni che il pubblico prova davanti ad un’opera non solo solo frutto di empatia, ma possano essere scelte dall’artista, progettate e realizzate in modo “premeditato”. È così?

Schedatura di un articolo di Pelowski, M., Specker, E., Gerger, G., Leder, H., & Weingarden, L. S. (2020). Do you feel like I do? A study of spontaneous and deliberate emotion sharing and understanding between artists and perceivers of installation art. Psychology of Aesthetics, Creativity, and the Arts, 14(3), 276–293.
https://doi.org/10.1037/aca0000201

Introduzione

L’arte è sempre stata considerata un media, un mezzo di comunicazione, in grado di portare un messaggio da un mittente a un ricevente. L’arte registra le azioni e intenzioni dell’artista e le trasferisce in un linguaggio che deve poi essere decodificato. Questa interazione tra produttore e fruitore dell’Opera implica necessariamente anche degli aspetti emotivi e quindi si avvale dell’empatia: molto significativo che, nel caso della fruizione artistica, questa empatia sia presente nel fruitore seppur in assenza della presenza dell’artista, sans human. A sostegno di questo, vi è un’ampia letteratura esistente, sia in ambito psicologico che neuroscientifico, che ha dimostrato come siamo in grado di attribuire emozioni specifiche a melodie e composizioni visive astratte, di ricreare empaticamente le emozioni che pensiamo possano essere state provate da un performer nel momento della messinscena e che questo si manifesta anche con segnali fisiologici e, infine, che siamo in grado di attivare i neuroni specchio del movimento che vediamo come traccia o segno su una tela. Tutti questi studi, si sono concentrati tuttavia solo sull’aspetto emotivo della fruizione, senza verificare la sua accuratezza rispetto a quanto progettato o desiderato dall’artista e limitandosi sempre solo a emozioni basiche dicotomiche (gioia/tristezza, positiva/negativa), senza dare spazio alla valutazione di intensità dell’emozione elicitata, né a emozioni più complesse. Il presente studio punta quindi a verificare queste due possibilità. Di fondamentale ispirazione per gli autori sono stati i risultati delle ricerche di Takahashi (1995) e Dubal (2014), che cercavano di verificare la concordanza di giudizio dei soggetti chiamati alla catalogazione di opere visive secondo un elenco di emozioni, nel primo caso sulla base delle emozioni rappresentate dalle opere (metaforicamente e non elicitate empaticamente) e nel secondo sulla base dell’intensità emotiva messa nella realizzazione e intuibile solo dalla fruizione.

Obiettivi e ipotesi di ricerca

Il presente studio punta a investigare se e come l’emozione che l’artista intende elicitare tramite l’Opera raggiunga il fruitore e se questa emozione influisca sulla valutazione complessiva dell’opera da parte del fruitore stesso. Gli autori ipotizzano 4 esperienze emotive possibili da indagare, che coinvolgono fruitore e produttore durante la relazione con l’opera: (1) produttore e fruitore esperiscono la stessa emozione; (2) il fruitore esperisce l’emozione provata dall’artista mentre produceva l’opera, ma non quella che era sua intenzione trasmettere con l’opera stessa; (3) il fruitore non esperisce l’emozione che l’artista voleva trasmettere, ma la comprende a livello analitico; (4) il fruitore esperisce un’emozione che non ha nessuna relazione con le intenzioni o esperienze emotive del produttore. Di conseguenza, la ricerca si concentra su 5 riflessioni fondamentali e seguenti implicazioni:

  1. produttore e fruitore condividono sistematicamente la stessa esperienza emotiva? Suggerendo quindi la possibilità che l’opera d’arte possa in qualche modo registrare l’emozione provata dall’artista;
  2. al momento della fruizione, il fruitore è in grado di provare le emozioni specifiche che erano progettate dall’artista e riportarle allo sperimentatore? Con l’implicazione quindi di capire se un artista sia in grado di anticipare o progettare come il proprio lavoro impatterà sul fruitore;
  3. il fruitore è in grado di dire quale fosse l’emozione che l’artista voleva evocare, indipendentemente dall’averla provata egli stesso? Verificando quindi gli aspetti analitici della fruizione;
  4. i fruitori con una personalità più marcatamente empatica sono in grado di esperire con più intensità le emozioni veicolate dall’opera e in modo più congruente con quanto progettato dall’artista? Con la conseguenza che l’impatto di un’opera possa essere mediato nella sua efficacia dai tratti di personalità dei fruitori;
  5. gli aspetti sopra descritti, influenzano l’apprezzamento globale dell’opera?

Per fare questo, a differenza dei due studi di riferimento che hanno utilizzato come soggetti di studio i soli fruitori, i ricercatori del presente studio hanno scelto di coinvolgere anche soggetti a rappresentanza della parte dei produttori: lo studio ha infatti coinvolto anche 3 giovani artisti a cui è stata commissionata 1 installazione artistica ciascuno. Viene scelto il formato dell’installazione a discapito di altri formati visivi in quanto si tratta di un formato che diverse ricerche hanno dimostrato precedentemente essere molto efficace per trasmettere emozioni.

Metodologia della ricerca

Lo studio si è avvalso di due differenti ricerche trasversali quantitative, una dedicata al gruppo degli artisti e una a quello dei fruitori e i dati di entrambe sono poi stati messi in relazione al fine di rispondere alle domande precedentemente elencate. In una prima fase, lo studio si è concentrato sugli artisti, ai quali sono stati somministrati dei test di rilevamento sia delle emozioni esperite durante la produzione delle opere commissionate ai fini dello studio, che di quelle che era loro intenzione veicolare attraverso l’opera stessa. La seconda fase è consistita nel coinvolgimento dei fruitori, a cui sono stati somministrati diversi test sia prima che dopo la fruizione delle opere, strutturalmente simmetrici a quelli somministrati ai soggetti-artisti, oltre a test di indagine socio-demografica, di affinità al mondo dell’arte e di predisposizione al tratto dell’empatia.

Partecipanti

Per il gruppo degli artisti, il campione è stato costituito di 3 artisti, 2 femmine e 1 maschio, provenienti dal Master of Fine Arts della Florida State University. Gli artisti sono stati preselezionati tramite valutazione del portfolio artistico.

Per il gruppo dei fruitori, i partecipanti sono stati selezionati a partire da un gruppo di volontari provenienti dalla medesima università, ma da facoltà miste. Il campione è costituito da un totale di 37 persone, 6 maschi, 31 femmine con età media di 22,9 anni (SD = 4,7). Il campione originario era composto da 43 soggetti, di cui 6 non hanno completato però tutti i test e sono quindi stati esclusi dall’analisi statistica.

Procedura

La ricerca si è composta di diversi momenti. Oltre all’analisi preliminare della letteratura scientifica preesistente, alla selezione del campione e all’analisi statistica dei dati, lo studio ha avuto due fasi sperimentali distinte: una dedicata ai produttori delle opere (artisti) e una dedicata invece ai fruitori delle stesse (pubblico). Nella prima fase, agli artisti è stata commissionata la produzione delle opere-stimolo; nella seconda fase, è stata organizzata un’esposizione delle opere-stimolo presso gli edifici del College of Fine Arts (Florida State University) che poteva essere visitata non solo dai soggetti-pubblico, ma da chiunque per 1 settimana. I fruitori selezionati hanno vistato la mostra su appuntamento; venivano accolti all’ingresso e invitati alla compilazione del consenso informato e del primo questionario. In seguito i soggetti venivano accompagnati all’ingresso dell’esposizione e invitati a visitarla come avrebbero fatto normalmente e per il tempo che preferivano; la fruizione delle opere avveniva senza accompagnamento. Alla fine della fruizione i partecipanti ritornavano all’ingresso per la seconda parte di questionario.

Strumenti

Parte 1

Gli artisti selezionati sono stati chiamati a produrre ciascuno un’istallazione artistica priva della presenza di corpi umani e di dimensioni e costruzione spaziale adeguata agli spazi espositivi assegnati e, a seguito della realizzazione dell’installazione, sono stati sottoposti a un sondaggio autosomministrato che aveva lo scopo di registrare e analizzare gli aspetti emozionali della produzione artistica. Il sondaggio si è composto di 37 items, uno per emozione analizzata. Le domande chiedevano di valutare su una scala a 8 punti (da 0 = “no such feeling”, a 7 = “extremely”) l’intensità dell’emozione indicata. Le domande erano tutte del tipo: “While I was making the art, I experienced [factor]”. I termini usati per identificare le emozioni e la scala di misurazione relativa derivano da precedenti studi riguardo i musei e l’arte e coprono una gamma comprendente emozioni positive, negative e di altro tipo (es. thrilled, moved ecc.). A questi 37 items si aggiungono altri 3 items generici valutati su una scala a 8 punti, che indagano l’emotività “generally positive” e “generally negative” e l’arousal emotivo (high/low). In seguito a queste domande, veniva richiesto ai soggetti di tornare all’elenco delle 37 emozioni al fine di rispondere a 2 ulteriori domande. La prima “If there are any of the above feelings that you particularly wanted to make the viewer of your artwork feel, please circle the feeling word above” con il fine di comprendere il messaggio emotivo contenuto nel progetto, la seconda, a risposta aperta, “What did the artwork mean to you?”, con scopo di sintesi finale dell’esperienza di produzione artistica.

Parte 2

I soggetti hanno vistato la mostra su appuntamento, in modo da minimizzare l’effetto degli altri visitatori sulla loro valutazione dell’esperienza espositiva; venivano accolti all’ingresso e invitati alla compilazione del consenso informato e di un breve questionario di indagine socio-demografica e di competenze in campo artistico, coinvolgimento oggettivo nell’arte e interesse personale nel visitare esposizioni e discutere di arte. In seguito i soggetti venivano accompagnati all’ingresso dell’esposizione e invitati a visitarla come avrebbero fatto normalmente e per il tempo che preferivano; la fruizione delle opere avveniva senza accompagnamento. Alla fine della fruizione i partecipanti ritornavano all’ingresso per la seconda parte di questionario che includeva le stesse domande poste agli artisti (37 items-emozioni valutati in una scala a 8 punti, più 3 items generici), seguiti dalla stessa richiesta di ritornare ai 37 item e segnalare quali delle emozioni il soggetto supponeva che l’artisa avesse voluto volontariamente evocare nel fruitore, indipendentemente che egli le avesse provate o meno. In aggiunta a queste domande, ai soggetti è stato richiesto di valutare ogni opera secondo 13 scale bipolari a 7 punti basate sullo strumento di differenziale semantico pubblicato da Osgood (1957), che utilizza coppie di aggettivi opposti, tipicamente connessi alla potenza e all’efficacia edonistica di uno stimolo (goodbad, beautifulugly, pleasantunpleasant, meaningfulmeaningless ecc.). In conclusione i soggetti sono stati invitati a rispondere ad alcune domande utilizzando una scala a 7 punti (1 = strongly disagree, 7= strongly agree) al fine di verificare la corrispondenza tra emozione provate e intento del produttore; le domande erano del tipo: “Did you understand the artists intention?” e “Did you have a sense of what the artist was thinking when making the art?”. Successivamente i partecipanti alla fase 2 sono stati sottoposti al Questionnaire of Affective and Cognitive empathy (QCAE, Reniers, Corcoran, Drake, Shryane, & Völlm, 2011) a 31 items in cui viene richiesto di valutare in una scala 7 punti (1 = strongly disagree, 7= strongly agree) l’abilità o la propensione all’empatia cognitiva (legata alla comprensione dell’emozione di un altro) e affettiva (legata al provare la stessa emozione di un altro).

Risultati principali

I soggetti hanno valutato le opere con risultati differenti: l’Opera 1 è stata associata a una valutazione edonistica positiva, la 2 negativa e la 3 a metà tra questi due estremi. L’Opera 3 è anche stata valutata come meno chiara, distante e meno potente delle altre due; nella parte del test riguardante la comprensione delle opere, i fruitori hanno dichiarato di essere maggiormente in grado di capire il senso che l’artista voleva dare all’opera, di percepire la sua presenza nell’opera e di comprendere le intenzioni che l’artista ha messo nell’opera solo delle Installazioni 1 e 2; l’Installazione 3 invece ha totalizzato i punteggi più bassi in questa sezione del questionario, qualificandosi come poco incisiva e poco godibile.

Valutando la comprensione dell’opera e del messaggio, i risultati evidenziano che per l’Opera 1 il 51,4% di soggetti assegna all’installazione un significato simile a quello dichiarato dall’artista, il 10,8% coglie un significato, seppur differente da quello dell’artista e il 37,8% dichiara di non comprendere l’intenzione dell’opera. Per l’Opera 2 i valori corrispondono al 35,1% di significati corrispondenti, per l’Opera 3 invece solo il 13,5% del soggetti fruitori comprende l’intenzione dell’artista, mentre il 45,9% evidenzia una lettura differente da quella dichiarata.

Per quanto riguarda la potenza delle emozioni suscitate, l’Opera 2 è quella che evidenzia il più alto arousal emotivo relativo a emozioni negative, sia da parte dell’artista che da parte degli spettatori; l’Opera 1 lo stesso, ma per emozioni positive. L’Opera 3 invece ha un alto punteggio per l’emozione “confusion” e, al contrario delle altre opere, non ha prodotto risultati rilevanti nelle scale di valutazione dell’aspetto empatico della fruizione.

Per quanto riguarda (a) le emozioni provate dall’artista durante la produzione vs. quelle del pubblico durante la fruizione, (b) le emozioni la cui elicitazione era obiettivo dell’artista e (c) le emozioni comprese dai fruitore come contenuti emotivi del messaggio progettato, i risultati seguono lo stesso schema: (a) l’Opera 1, in particolare, e la 2 hanno generato nel pubblico e negli autori le stesse emozioni, l’Opera 3 non ha generato dati oltre la soglia minima di significanza, (b) per l’Opera 1 e la 2, in particolare, i fruitori hanno indicato le stesse emozioni che erano obiettivo dell’autore, l’Opera 3 ha generato dati opposti, (c) per l’Opera 1 e la 2 l’identificazione delle emozioni-obiettivo è stata superiore che per l’Opera 3. Lo stesso pattern si ritrova anche nei dati di conferma dell’ipotesi che teorizza che ad una maggior ampiezza emotiva elicitata corrisponda anche un maggior apprezzamento dell’opera, indipendentemente dalla qualità dell’emozione: l’Opera 3 è quella che ha riscosso meno consensi ed è anche quella che ha emozionato meno e che è stata compresa in misura minore rispetto alle altre.

Il questionario QCAE sulla presenza o predisposizione all’empatia dei soggetti-fruitori ha evidenziato che – per quanto riguarda l’ipotesi che il tratto di empatia sia un predittore delle differenze nell’ampiezza generale della risposta emotiva, il punteggio complessivo non ha raggiunto la rilevanza e sembrerebbe non sostenere l’ipotesi. Positivo invece il risultato dell’analisi delle singole sotto-componenti analizzate di questo costrutto, che evidenzia come ci sia un’influenza superiore alla media della componente online simulation, ma nonostante questo i dati restano non significativi nella conferma dell’ipotesi.

Conclusioni

I dati raccolti, seppur modesti, ci permettono di dire che le tre principali domande (a) Can viewers feel and report specific emotions that were intended by an artist? (b) Can viewers objectively guess what emotions artists were intending? (c) Can artists and viewers share emotions when looking at or making art, even if these may not have been intended? trovano risposta positiva, sebbene con alcune differenze tra le tre opere-stimolo analizzate. Questo risultato conferma anche le conclusioni presentate dagli studi di Takahashi e Dubal e anzi, ne amplia i confini analizzando una più ampia gamma di emozioni. I dati, in particolare quelli relativi alle Opere 1 e 2, ci dicono che le emozioni progettate dall’artista hanno nei fruitori che le provano una risonanza più forte rispetto a quelle provate ma non progettate. I fruitori spesso individuano correttamente quali siano le emozioni progettate, ma fanno un’esperienza emotiva tendenzialmente più ampia di quella progettata. Lo studio inoltre fornisce le prove che gli artisti possono essere in grado di progettare le opere con il preciso scopo di evocare certe risposte o di anticipare quale sarà la risposta del pubblico sottoposto alla visione dell’opera. Le emozioni provate dall’artista durante la realizzazione hanno dato prova di contagiare il pubblico nonostante esse non facessero parte del prodotto artistico finito, e questo supporta la teoria più generale che sostiene che il rispecchiamento (mirroring) di uno stato emotivo o fisiologico o un’azione siano aspetti basilari del coinvolgimento umano nell’ambiente circostante e che le “tracce umane” che esso contiene danno prova di esercitare influenza anche in assenza del corpo che le ha lasciate – l’arte si comporterebbe in questo modo. Altro dato molto importante, e che risponde all’ultima delle 5 domande poste dalla ricerca, è quello a conferma della correlazione positiva tra la godibilità dell’opera e la sua capacità di provocare emozioni e questo, relazionato al fatto che non sembri esserci una relazione tra l’ampiezza delle emozioni provate e la predisposizione all’empatia, suggerisce che le scelte progettuali che anticipano la fase di realizzazione dell’opera siano fondamentali per il suo successo. La domanda che resta aperta in seguito a questo studio è quali siano gli elementi che portano persone differenti per sensibilità ed estrazione socio-culturale a dimostrare pattern di risultati simili – sia riguardo le emozioni provate, indovinate e percepite che riguardo il giudizio di piacevolezza dell’opera. Questo potrebbe voler dire che la capacità di fruire di un’opera può essere frutto di vari elementi, sia innati che appresi e che quindi l’educazione giochi un ruolo fondamentale alla partecipazione emotiva all’arte.